Usura: tasso soglia riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori

Cassazione Civile, sez. VI-1, ordinanza 04/10/2017 n° 23912

E’ valida l’operazione del cumulo ai fini della sanzionatoria eliminazione del carattere feneratizio del mutuo.

Il Supremo Collegio ha ribadito, con il seguente conciso ed immacolato principio, che si considera usurario il tasso derivante dalla somma degli interessi corrispettivi e degli interessi di mora: “Considerato che:

  1. l’art. 1815, co. 2, c.c. stabilisce che <<se sono dovuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi>> e ai sensi  dell’art. 1 d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in L. 28 febbraio  2001, n. 24, si intendono usurari gli interessi che superano il limite  stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque  convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del  loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del  creditore e la controprestazione del debitore;

il ricorso è manifestamente infondato; come ha già avuto modo  di statuire la giurisprudenza di legittimità «è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della I. n. 108 del 1996, che prevede la  fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso  di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché  non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli  moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso» (Cass. ord.  5598/2017; con principio già affermato da Cass. 14899/2000)”.

La Cassazione richiama in calce al provvedimento altra recente pronuncia di medesimo stampo, la Cass. Civ. Sez. VI 5 marzo 2017 n. 5598: “orbene, è noto che in tema di contratto di mutuo, l’art. l  della legge n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un  tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono  essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi  corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n.  5324).  Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in aprile 2003, n.  5324).  Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera  apodittica che il tasso soglia non fosse stato superato nella  fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito  cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine  di accertare il superamento del detto tasso”.

Si rilevi che queste due recenti  pronunce hanno un contenuto molto conciso e stringato, che non ammette dispute, peraltro emesse dalla VI Sezione (nota all’avvocato cassazionista essere una sezione filtro), in camera di consiglio e non in pubblica udienza, ai sensi dell’art. 375 comma 1 n. 5 cpc, cioè in ipotesi di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso (quindi laddove non  vi siano proprio dubbi in proposito e ci sia ben poco da discutere).

L’indirizzo del Supremo Collegio è uniforme e risalente: “ai fini dell’applicazione dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p. si consideranousurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori[1]; “in tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della legge n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori[2]; “l’usurarietà del superamento del “tasso soglia” di cui alla l. 7 marzo 1996 n. 108, vale anche per le clausole concernenti gli interessi moratori[3].

Chi ha un minimo di frequentazione delle aule giudiziarie in tema di contenzioso bancario non potrà fare a meno di considerare che l’indirizzo delle corti di merito è generalmente contrario, ossia ritiene che, ai fini dell’usura, l’operazione del cumulo tra interessi corrispettivi e moratori sia illegittima.

Tuttavia, le sentenze di merito non sono di legittimità e quindi di terzo grado; trattasi di questioni di rilevantissima incidenza economica e qualunque risparmiatore ricorre in Cassazione e, in tal caso, trattandosi di violazione di legge, ex art. 360 comma I n. 3 cpc, il Supremo Collegio dovrà sempre decidere ed applicare i suddetti principi, disapplicando uelli dei Tribunali.

Anche per questo motivo, una minoranza di corti di merito si allinea alla Cassazione: “in tema di contratti usurari, ai fini della verifica dell’usura, rilevano gli interessi moratori e, ciò, in quanto, ai sensi dell’art. 644, comma 4, c.p., per la determinazione del tasso di interesse usurario, si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese collegate alle erogazioni del credito. Gli interessi di mora sono, altresì, assoggettati, all’applicazione dell’art. 1815 c.c.[4]; “sarebbero anch’essi collegati alla erogazione del credito, come richiesto dall’art. 644 comma IV cp ed avrebbero una funzione remunerativa, se determinati, operando una maggiorazione (cd spread di mora) degli interessi corrispettivi[5]; “al fine di verificare l’esistenza dell’usura devono essere considerate tutte le remunerazioni chieste al cliente a qualsiasi titolo, ivi comprese le pattuizioni circa gli interessi moratori[6]; “gli interessi moratori devono essere computati per la determinazione del tasso rilevante ai fini della disciplina sull’usura”[7]; “la disciplina sull’usura introdotta dalla l. n. 108 del 1996 si applica anche agli interessi moratori[8]; “l’articolo 1815, comma 2 c.c. esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni pecuniarie e pertanto la previsione di nullità della clausola di debenza degli interessi è applicabile a qualsiasi somma richiesta a tale e quindi anche nel caso d’interessi moratori[9]; la verifica del rispetto [della] soglia d’usura va estesa alla pattuizione del tasso dì mora (con la conseguenza che) ove detto tasso risultasse pattuito in termini da superare il tasso soglia rilevato all’epoca del stipulazione del contratto, la pattuizione del tasso di mora sarebbe nulla, ex art. 1815 comma 2 c.c.[10];la verifica del rispetto della soglia di usura va estesa alla pattuizione del tasso di mora[11]; “in tema di ontratto di mutuo, l’art. 1 l. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione del tasso di soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori (nel caso di specie il g.i.p. rigetta pertanto la richiesta di archiviazione ritenendo necessario che il p.m. proceda alla determinazione esatta del tasso di interessi applicato nel contratto di mutuo tendendo conto sia degli interessi corrispettivi che degli interessi moratori)[12]; “è inficiato da nullità parziale, relativamente alla clausola sugli interessi, il contratto di mutuo, per il quale, addizionando il saggio degli interessi corrispettivi e quello degli interessi moratori, si ottenga un valore da considerare usurario in quanto supera il tasso soglia vigente al momento della stipula del contratto.

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